Alla riscoperta del pensiero di Karl Marx

Alla riscoperta del pensiero di Karl Marx, Corriere del Ticino, 27 February 2019.

Sergio Caroli

Forte della pubblicazione di testi inediti di Karl Marx, Marcello Musto, professore associato di Sociologia teorica presso la York University di Toronto, analizza nel saggio Karl Marx.

Biografia intellettuale e politica. 1857-1883 (Einaudi, pagine 329. euro 30), la vasta gamma di ricerche che il pensatore di Treviri condusse, unitamente alla critica dell’economia politica, intorno alle più diverse discipline e aree geografiche. Esse vanno, solo per citarne alcune, dalla analisi dello sviluppo del capitalismo negli Stati Uniti, all’evoluzione del’economia russa a seguito dell’abolizione della servitù della gleba, alla proprietà comune nelle società primitive, ai caratteri del colonialismo in Asia. Marx seguì con particolare acume i principali eventi della politica mondiale, sostenendo la lotta della Polonia per l’indipendenza, commentò le vicende della Guerra civile americana, appoggiando la causa dell’abolizione della schiavitù e quella per l’indipendenza dell’Irlanda.
Marcello Musto, i cui suoi scritti sono stati tradotti in oltre venti lingue, è autore delle monografie Ripensare Marx e i marxismi. Studi e saggi (Carocci 2011), L’Ultimo Marx 1881-1883. Saggio di biografia intellettuale (Donzelli 2016).

 

1) Professor Musto, Marx viene spesso descritto come eurocentrico, economicista e interessato solo all’analisi dell’economia e al conflitto di classe tra capitale e lavoro. Perché questa descrizione non corrisponde al vero?  
Lungi dall’interessarsi solo del proletariato di fabbrica, Marx non tralasciò di evidenziare le potenzialità rivoluzionarie di altre soggettività ai margini della società capitalistica. Ciò avvenne soprattutto nell’ultimo decennio di vita. Inoltre, lo studio delle realtà extraeuropee e degli effetti nefasti prodotti dal colonialismo nelle periferie del globo occupò un posto tutt’altro che secondario nelle sue riflessioni. La critica al ruolo svolto dalle potenze occidentali nel sud del mondo è netta e inequivocabile. Aggiungo che, se avesse avuto più tempo, nei libri II e III del Capitale – che, come si sa, rimasero incompiuti – Marx avrebbe significativamente esteso oltre l’Europa il campo di analisi della sua critica dell’economia.

 

2) Lei sostiene che l’”Internazionale dei lavoratori” non fu creazione esclusiva di Marx. Quale fu il suo ruolo in seno all’organizzazione?
Diversamente da quanto propagandato dalla liturgia sovietica, l’Internazionale fu molto di più del solo Marx. Tra i vari gruppi che ne fecero parte vi furono i sindacati inglesi, i mutualisti francesi – entrambi, seppur per ragioni differenti, molto moderati – e gli anarchici vicini a Bakunin. L’impresa di riuscire a far convivere tutte queste tendenze nella stessa organizzazione fu indiscutibilmente opera di Marx. Le sue doti politiche gli permisero di tenere assieme ciò che appariva inconciliabile e assicurarono un futuro all’Internazionale. Fu Marx a scrivere tutte le principali risoluzioni dell’Associazione e a dare una chiara finalità all’Internazionale. Realizzò un programma politico non preclusivo, eppure fermamente di classe, a garanzia di un movimento che ambiva a essere di massa e non settario. In un’epoca nella quale il mondo del lavoro è costretto, anche in Europa, a subire condizioni di sfruttamento e forme di legislazione simili a quelle dell’Ottocento e in cui vecchi e nuovi conservatori tentano, ancora una volta, di dividere chi lavora da chi è precario, disoccupato o migrante, l’eredità politica dell’Internazionale riacquista uno straordinario valore.

 

3) Quali elementi delle analisi di Marx sulla Guerra civile americana hanno retto alla prova del tempo?
Marx intravide nella lotta contro la schiavitù in atto negli Stati Uniti uno degli eventi politici più rilevanti della sua epoca. Accanto alla fondamentale battaglia contro il razzismo, egli spiegò agli sprovveduti che si illudevano del contrario che “il lavoro di pelle bianca non può emanciparsi in un paese dove viene discriminato se ha la pelle nera”. La guerra tra poveri distoglieva le classi subalterne dalla lotta contro le vere cause delle ingiustizie sociali. Marx ripeté in numerose occasioni ciò che in molti oggi, anche a sinistra, paiono aver dimenticato: quando le classi dominanti, mediante la loro propaganda, riescono a dividere i proletari, le condizioni di vita di questi ultimi – non solo di quelli migranti ma anche degli autoctoni – sono sempre destinate a peggiorare. È un monito che va nuovamente spiegato con urgenza, nel drammatico contesto politico attuale.

 

4) Quali elementi di interesse offrono i Quaderni antropologici redatti dall’ultimo Marx?
Tramite questi studi, egli ampliò le sue vedute in merito a tematiche che giudicò molto considerevoli. Tra queste figurano l’emancipazione di genere, l’origine dei rapporti proprietari e le pratiche comunitarie esistenti nelle società precapitalistiche. Queste ricerche gli permisero di sfuggire al determinismo nel quale caddero non solo tanti suoi contemporanei, ma anche diversi suoi seguaci e presunti continuatori.

 

5) Nel corso del loro quarantennale sodalizio Marx ed Engels si confrontarono su ogni possibile tematica, ma Marx non parlò mai del come avrebbe dovuto essere organizzata la società del domani. Come lo spiega?
Marx volle decisamente distinguersi dai tanti pensatori che impiegavano il loro tempo a ipotizzare la struttura ideale della società socialista. Egli irrise questo modo di concepire la politica e ritenne che le questioni sul sistema perfetto per il futuro servivano soltanto a distrarre dalle lotte del presente. A suo avviso, la trasformazione collettiva non poteva avvenire in base all’applicazione di metastorici ordinamenti di organizzazione sociale, aprioristicamente concepiti da filosofi o utopisti. Marx fu un convinto assertore dell’autoemancipazione della classe operaia. Reputò che, quando sarebbero maturati i tempi, i lavoratori sarebbero stati in grado di liberare sé stessi e di trasformare la produzione capitalistica nel suo opposto, ovvero in una compiuta democrazia, in “un’associazione di liberi esseri umani che lavorano con mezzi di produzione comuni”. Se Marx si guardò bene dal “prescrivere ricette per l’avvenire”, ciò non vuol dire, però, che egli non abbia mai descritto cosa intendesse per comunismo. Per esempio, affermò chiaramente che la nuova società avrebbe dovuto essere basata sul ‘pieno e libero sviluppo di ogni individuo’, sulla diminuzione del tempo di lavoro a vantaggio del tempo libero e sulla fine della logica del possesso distruttivo insita nel capitale – i cui effetti drammatici egli riuscì a intravedere anche nei confronti della natura. Per Marx, comunismo significava maggiore ricchezza collettiva e non uno stato di miseria generalizzata.

Published in:

Corriere del Ticino

Pub date:

27 February 2019

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Interview by Sergio Caroli

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